Stamattina, come ogni anno a fine ottobre, mi sono svegliato con il grande dubbio nazionale: le lancette domani vanno avanti o indietro? Ogni volta mi stupisco di non ricordarlo mai.
Ma soprattutto: perché lo facciamo ancora?
La questione dell’ora legale è più complessa di quanto sembri. Dietro quel gesto apparentemente innocuo per gli ingenui – spostare le lancette dell’orologio – si muovono interessi economici tutt’altro che banali.
E tra questi, uno in particolare merita attenzione: il nostro caro, vecchio turismo. Perché dietro la magia delle vacanze dal sapore estivo, si nasconde un piccolo trucco d’orologio.
☀️ Come un’ora di luce in più ha cambiato il turismo mediterraneo
Quando un turista tedesco o danese sfoglia un catalogo di vacanze e legge «le magiche serate della Costa Brava» oppure «cene romantiche sotto il cielo mediterraneo», cosa gli stanno vendendo esattamente? Gli stanno vendendo, in realtà, l’ora legale.
Quella convenzione – e si tratta di una pura convenzione, nulla di naturale – che sposta avanti gli orologi di un’ora, facendoci credere che alle nove di sera sia ancora pomeriggio. Se si eliminasse l’ora legale e si tornasse all’ora solare permanente, quella cena romantica delle nove in Sardegna si consumerebbe al buio completo. E il fascino diminuirebbe parecchio.
Il Sud Europa ha costruito gran parte della sua offerta turistica proprio su questo presupposto: l’idea che qui le giornate durino più a lungo, che il tempo scorra diversamente, che si possa passeggiare fino a tardi con ancora un filo di luce all’orizzonte, in abiti leggeri, con una cerveza o uno spritz in mano. Livin’ la vida loca.
È suggestivo, funziona benissimo dal punto di vista del marketing ed è completamente artificiale. Diversamente autentico.
Poi arrivò la burocrazia. Nel 2018 la Commissione Europea condusse una consultazione pubblica sulla questione. Risposero 4,6 milioni di cittadini, e l’84% si espresse per l’abolizione del cambio d’ora¹. Sembrò una questione chiusa. Non lo fu. L’Europa non riuscì a decidere. Altro che tempora mutantur, et nos mutamur in illis.
💃 Tra tapas, tramonti e momentitos de preocupación
Quando, qualche giorno fa, il primo ministro spagnolo Sánchez ha proposto di passare all’ora solare permanente, a Barcellona qualcuno deve aver avuto più di un momentito de preocupación.
La Spagna campa piuttosto bene di turismo: oltre il 12% del PIL nazionale². E quel turismo si regge, da sempre, su un equilibrio sottile fatto di luce e abitudini. Da loro si pranza quando altrove si fa merenda e si cena quando mezza Europa è già davanti alla televisione in pigiama. Le serate iniziano tardi, finiscono ancora più tardi, e sono il motore di un’intera economia costruita su terrazze affollate, tapas condivise e chiacchiere che durano fino a mezzanotte.
Con l’ora solare permanente, però, d’estate il sole tramonterebbe un’ora prima. Le nove di sera sarebbero notte piena. E davvero, è difficile immaginarsi uno spagnolo cenare al buio, quando di solito a quell’ora non ha ancora pensato a cosa cucinare. Per un Paese che ha trasformato il tramonto in un marchio e la vita all’aperto in un modello di business, sarebbe come staccare la corrente in pieno incasso.
C’è poi un dettaglio che rende tutto ancora più paradossale: l’ora legale, quella che dovrebbe farci risparmiare energia, in realtà ne fa consumare di più³. Nei Paesi caldi, i condizionatori restano accesi più a lungo durante i pomeriggi estivi, quando il sole picchia ancora alto. Il risparmio sulla luce serale viene divorato dal rumore dei compressori. Il risultato? Non si guadagna nulla, si sposta soltanto il consumo da un’ora all’altra.
Eppure l’ora legale resiste, difesa da un’alleanza invisibile ma potentissima: quella tra il commercio, la ristorazione e tutto ciò che vive di serate lunghe e portafogli aperti. Uno studio della JPMorgan lo conferma: quando scatta l’ora legale, a marzo, la spesa dei consumatori aumenta quasi dell’1%. Quando finisce, a ottobre, crolla di oltre il 3%⁴. Non è creazione di ricchezza: è un’illusione luminosa che si accende e si spegne due volte l’anno.
🛌 I vichinghi non vogliono svegliarsi alle tre del mattino
Nel Nord, la faccenda è diversa. Se in Spagna temono di cenare al buio, in Svezia temono di svegliarsi all’alba.
Con l’ora legale permanente, d’estate il sole sorgerebbe alle tre del mattino: troppo presto anche per un vichingo. Nei resort del Baltico, tutti dormirebbero mentre fuori il cielo è già bianco. Una luce sprecata. D’inverno, invece, Stoccolma resterebbe immersa nel buio fino alle dieci. I bambini andrebbero a scuola al buio, gli adulti al lavoro al buio, e i turisti — quelli dei mercatini e delle atmosfere da fiaba nordica — si ritroverebbero con ancora meno ore di luce a disposizione.
Il Sud vive di tramonti, il Nord di penombre. Due economie che non si parlano, due modi opposti di gestire la luce. E in mezzo, un continente che da anni cerca di regolare gli orologi senza regolare sé stesso. Perché alla fine non è solo una questione di turismo: è una questione di biologia, di salute, di abitudini.
Ogni primavera, quando si spostano le lancette, aumentano gli incidenti, gli infarti, i disturbi del sonno⁵. Secondo i ricercatori di Stanford, mantenere l’ora solare permanente eviterebbe, solo negli Stati Uniti, trecentomila ictus e oltre due milioni di casi di obesità⁶.
L’Europa non si divide solo tra chi vuole più luce e chi più sonno, ma tra chi può permettersi di ignorare il corpo pur di far girare l’economia. Perché a conti fatti, l’ora legale è diventata questo: un compromesso tra il ritmo circadiano e il PIL. E quando a tavola siedono i miliardi, la salute — come sempre — resta in piedi, a guardare dalla porta.
🇪🇺 Europa, altro che ritardo di un’ora
Dopo anni passati a discutere di tramonti e penombre, l’Europa ha deciso di affrontare la questione con la sua arma preferita: una riunione.
Nel 2019 il Parlamento Europeo votò per abolire il cambio d’ora. Sembrava fatta, e invece no. Il Consiglio attese la proposta della Commissione, la Commissione attese l’accordo tra gli Stati, i Paesi mediterranei difesero le loro serate lunghe, quelli nordici le loro mattine sensate¹. Alla fine, come spesso accade a Bruxelles, si fermò tutto per eccesso di interessi.
Dietro la facciata delle posizioni “nazionali” si muove la solita folla invisibile: lobby, gruppi di pressione, comparti economici che vivono di luce artificiale. Il turismo è solo uno dei tanti, ma è quello che pesa di più — soprattutto al Sud, dove l’ora legale è diventata parte del paesaggio e della narrativa nazionale.
E poi c’è l’aspetto più concreto, e paradossalmente il più ingovernabile: se ogni Paese decidesse per conto proprio – chi l’ora solare, chi quella legale – regnerebbe il caos.
E di caos, in Europa, non abbiamo più spazio nel calendario. Nemmeno volendo.
⏰ Tutto il resto è un’ora legale
Alla fin della fiera, se l’Europa scegliesse l’ora solare permanente, il turismo mediterraneo dovrebbe rifarsi il look. Addio alle cene romantiche alle nove con la luce del tramonto. #serateestiveintramontabili. Bisognerebbe anticipare tutto.
Ma provate voi a spiegare al mio amico italiano — mediterraneo, isolano, abbronzato, “terrone” nell’animo e nello spirito — che da domani si cena alle sette.
E agli spagnoli, poi? Più facile convincere la mia metà famiglia piemontese, quella che alle 19:00 ha già sparecchiato.
Forse l’unica alternativa sarebbe accettare serate più corte e vendere qualcos’altro.
Forse.
Perché neanch’io, davvero, ci riuscirei ad accettarlo fino in fondo. Io che sono sardo — ma esteticamente più polentone dei polentoni — con più di una sfumatura culturale di terronità doc, e una vita a metà tra la Sardegna e la Danimarca: praticamente un fuso orario umano. Io, la luce, la voglio almeno fino alle 21:00. E possibilmente anche dalle 8:00 del mattino.
D’altro canto, se si optasse per l’ora legale permanente, a pagare sarebbe la salute pubblica: più disturbi del sonno cronici, più problemi cardiovascolari, più obesità. Ma almeno il turista a Porto Flavia potrebbe postare il tramonto perfetto alle nove di sera.
Se invece non si scegliesse affatto, si continuerebbe così: avanti e indietro due volte l’anno, danneggiando un po’ tutti, scontentando tutti abbastanza, ma lasciando intatti gli equilibri economici costruiti in decenni.
Il turismo, certo, non è l’unico motivo per cui l’Europa non riesce a decidere. Ci sono le abitudini nazionali, le latitudini incompatibili, l’inerzia politica. Ma tra i pesi sulla bilancia c’è anche questo: interi settori economici fondati su un’illusione temporale. E che, comprensibilmente, preferiscono non svegliarsi.
Così continueremo a spostare le lancette.
A vendere tramonti infiniti e serate mediterranee.
A far finta che sia tutto naturale, spontaneo, autentico.
Finché un turista, prima o poi, non si porrà la domanda:
“Ma davvero qui il sole tramonta così tardi? O è solo uno dei tanti piccoli artifici venduti come esperienza autentica?”
La risposta, ovviamente, è la seconda. Ma finché l’artificio funziona – e conviene a qualcuno, turista compreso – perché mai smettere?
✅ Riferimenti
¹ Commissione Europea, consultazione pubblica 2018 su abolizione cambio d'ora (4,6 milioni di risposte, 84% favorevole); Parlamento Europeo, voto marzo 2019.
² Dichiarazioni del premier Sánchez, ottobre 2025, in «La Presse» e «Il Fatto Quotidiano», 22 ottobre 2025.
³ T. HAVRANEK, D. HERMAN, Z. IRSOVA, Does Daylight Saving Save Electricity? A Meta-Analysis, in «The Energy Journal», 2018 (risparmio medio 0,3%); J. CAMPOS et al., Is Daylight Saving Time worth it in tourist regions?, in «Energy Policy», 2022 (studio sulle Isole Baleari: aumento dei consumi).
⁴ JP MORGAN CHASE INSTITUTE, The Economic Impact of Daylight Saving Time, 2016 (studio comparativo Los Angeles-Phoenix).
⁵ J. FRITZ et al., A Chronobiological Evaluation of the Acute Effects of Daylight Saving Time on Traffic Accident Risk, in «Current Biology», 2020 (aumento del 6% degli incidenti stradali mortali).
⁶ L. WEED, J. ZEITZER, Daylight saving time and circadian health, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», settembre 2025 (Stanford Medicine).
@Articolo di Valentino Cocco
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