La Sindrome delle Specchietto Retrovisore nel Turismo

Centri storici e turismo: come la sindrome dello specchietto retrovisore ci impedisce di progettare spazi per chi li vive davvero oggi.

 

Avevo diciannove anni e lavoravo come manutentore meccanico in una raffineria del nord Italia.

Un giorno il mio collega marocchino sale su un trattore e, nel tentativo di fare retromarcia, centra in pieno il capannone.

Il motivo?

Semplice:

non aveva guardato lo specchietto retrovisore. ๐Ÿ˜‚

 

Questo episodio mi torna in mente ogni volta che sento parlare di turismo e di come "salvare" qualcosa che con il tempo sarebbe andata storta.

 

๐Ÿ˜… IL MANTRA DEI PREFISSI

È un continuo rimuginio di prefissi: dobbiamo ri-valorizzare i centri storici, re-stituire il borgo alla comunità, re-investire nel senso di appartenenza. Un mantra ossessivo che guarda sempre e solo indietro per poter migliorare il futuro. Il presente quasi mai viene preso in considerazione se non per riportare dati a favore di tesi cariche di bias.

 

È la sindrome dello specchietto retrovisore:

ossia quando ci troviamo di fronte a sfide e obiettivi e la nostra mente reagisce sulla base di quello che siamo stati e alle esperienze che abbiamo avuto nel passato e non per come possiamo diventare e essere nel futuro e tantomeno per quello che siamo nel presente.

 

Nel turismo italiano succede precisamente questo: restiamo incantati da un'autenticità di cartapesta, un passato che esisteva solo nelle nostre fantasie, mentre il mondo corre. Noi avanziamo a occhi chiusi, ipnotizzati dallo specchietto retrovisore, dritti verso lo schianto.

L'assurdità?

Dopo ogni botta, invece di cambiare direzione, ripartiamo guardando sempre nella stessa direzione - il passato - convinti di star costruendo il futuro.

 

๐Ÿฆ• L'EVOLUZIONE NATURALE DEI LUOGHI

I centri storici vengono dipinti come a rischio, sempre più morti, turistificati, snaturati, privi di identità.

Il rimedio?

Tornare ai bei tempi andati,

ovviamente. ๐Ÿ˜‚

Ma la mia domanda è: se questi luoghi si sono trasformati così, non sarà forse perché si sono adattati alle esigenze di chi li vive oggi?

Le città evolvono secondo gli usi, i costumi, i bisogni reali delle persone che le abitano.

Eppure proprio quando servirebbe usare lo specchietto retrovisore - per capire questo processo di evoluzione naturale - lo ignoriamo completamente.

Preferiamo immaginare che tutto sia degenerato per colpa di forze esterne, invece di riconoscere che i luoghi cambiano perché cambiano le persone che li vivono.

 

3๏ธโƒฃ LE TRE STRATEGIE FALLIMENTARI

 

"Dobbiamo ri-valorizzare i centri storici" dicono, e la ricetta è sempre la stessa: laboratori artigianali dei vecchi mestieri, piccole attività commerciali da riportare dal centro commerciale al centro storico, più spazi per i giovani.

Alcune considerazioni proprio su queste tre strategie ๐Ÿ‘‡๐Ÿป:

 

1: ๐Ÿ‘จ‍๐ŸŽจ LABORATORI ARTIGIANALI E VECCHI MESTIERI

 

Non ci siamo svegliati stamattina decidendo capricciosamente di abbandonare il calzolaio. Queste attività sono scomparse perché sono mutati i pattern di consumo, i valori sociali, le strutture economiche. Le poche che resistono hanno trovato la loro nicchia di mercato e prosperano; le altre aprono e chiudono perché manca la domanda. Se non c'è domanda, significa che non rispondono più ai bisogni sociali contemporanei.

 

2: ๐Ÿ›๏ธ ATTIVITÀ COMMERCIALI

Lo svuotamento del retail dei centri storici segue precise dinamiche di urbanizzazione.

Prima la suburbanizzazione e i mall hanno spostato i flussi di consumo, ora questi stessi centri commerciali vengono cannibalizzati dall'e-commerce.

Vent'anni di digitalizzazione dei consumi non dicono niente?

Come società abbiamo scelto modelli di acquisto che privilegiano convenienza, velocità, personalizzazione - altrimenti il fenomeno non avrebbe mai raggiunto questa scala.

 

3: ๐Ÿ’ฌ SPAZI PER I GIOVANI

Questa è la più paradossale.

Gli adulti/anziani che progettano spazi per generazioni cresciute nell'era dell'intrattenimento iperconnesso, della comunicazione istantanea, dell'attenzione frammentata.

Le discoteche chiudono ( obsolete ), i giovani disertano eventi culturali tradizionali, eppure si continua a pensare che un teatro o un centro sociale possano competere con ecosistemi digitali progettati da algoritmi per catturare l'attenzione.

Beata la vostra fiducia e convinzione! ๐Ÿ˜…

 

Senza comprendere le logiche di fruizione dell'intrattenimento digitale giovanile - che plasmano nuove forme di socialitàe territorialità - qualsiasi tentativo di ri-valorizzazione si scontrerà contro la realtà di una trasformazione antropologica già in atto.

 

๐Ÿง  UNA REALTÀ PIÙ ADERENTE ALLA REALTÀ

I centri storici più fortunati, ossia quelli che oggi non sono a rischio di spopolamento, sono quello che sono perché li consumiamo attraverso il turismo - punto.

Senza questa funzione economica, oggi sarebbero solo quartieri con case vecchie e scomode come molti altri completamente isolati, abbandonati a se stessi, e di prezioso rimarrebbero solo i monumenti davvero importanti, non certo la casa del zia Maria che nel 1850 faceva il pane migliore di tutto il paese.

 

Lo ammette uno che al centro storico ci vive, ci ha investito soldi veri e continuerà a farlo. 

( Devo ancora investigare bene del perché sia così attratto da ciò ) ๐Ÿ˜…

 

Ma senza l'ipocrisia di chi pretende di trasformarlo nel diorama di "come eravamo", ignorando completamente come siamo diventati.

Se vogliamo che questi luoghi funzionino, dobbiamo progettarli per chi li abita oggi - eventi che integrano fisico e digitale, spazi pubblici che dialogano con le dinamiche virtuali, non teatrini che fingono che internet non esista, perché ai tempi di Adamo ed Eva si stava meglio.

 

โœ… RI-PENSARE LA SOCIALITÀ CONTEMPORANEA

 

Se i giovani non escono di casa il problema non sono i giovani - siamo noi che progettiamo spazi fisici come se fossimo ancora negli anni '80. Non può più esistere una distinzione netta tra spazio digitale e spazio fisico: sono la stessa cosa vissuta diversamente.

Finché continueremo a pensare eventi e spazi pubblici ignorando come funziona davvero la socialità contemporanea, continueremo a sbattere contro il muro.

È questa la sindrome dello specchietto retrovisore: guardare solo a come socializzavamo prima invece di capire come socializziamo adesso.

 

๐Ÿ’ช๐Ÿป E ALLORA...

Se è vero che i centri storici sono diventati principalmente macchine per il turismo, questo è necessariamente un male? 

O forse è semplicemente la loro evoluzione naturale in un'economia postindustriale?

 

Per me dunque, non si tratta di scegliere tra passato e futuro, ma di comprendere il presente per quello che è, che è sempre stato e che sempre sarà:

 

un momento di transizione che richiede nuove categorie interpretative,

non vecchie ricette rivestite di buone intenzioni. 


@Articolo di Valentino Cocco

Approfondimento:

Se questa riflessione sul modo in cui guardiamo al passato per progettare il turismo ti ha fatto pensare, ne parlo nel mio libro Il Ricatto del Turismo Autentico.
Nel volume analizzo come la nostalgia e lo sguardo rivolto all’indietro influenzino la percezione dei luoghi, trasformandoli in scenari costruiti più per rassicurare chi osserva che per rispondere ai bisogni reali di chi li vive.
Esploro il confine tra conservazione e reinvenzione, e come il turismo, spesso guidato da categorie interpretative superate, rischi di replicare una realtà che non esiste piùAttraverso un’analisi critica dell’autenticità, propongo strumenti per comprendere come progettare il futuro dei luoghipartendo da ciò che sono oggi – e non solo da ciò che erano.


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