
Tra sacralità e spettacolo: può il turismo arricchire senza snaturare l’essenza di un rito secolare?
Quando la tradizione incontra il turismo
A Iglesias, la Settimana Santa trascende la mera ritualità religiosa. Rappresenta un codice culturale intrinseco, un linguaggio non scritto che cadenza il tempo della comunità. Cresciamo immersi nel battito dei tamburi, apprendiamo a distinguere il ritmo solenne delle matraccas prima ancora di comprenderne il significato profondo, e avvertiamo il peso di una tradizione ancestrale che ci precede e che segnerà per sempre la nostra identità.
- Ma cosa accade quando questo codice intimo si apre all'esterno?
- Quando l'esperienza vissuta diventa oggetto di consumo turistico?
- È possibile condividerla senza snaturarne l'essenza? E, questione cruciale: possiamo ancora definirla autentica?
Autenticità o performance?
La Settimana Santa iglesiente è sempre stata un'esperienza vissuta dall'interno della comunità. Ogni gesto rituale, ogni nota, ogni momento di silenzio appartiene a una coreografia secolare tramandata attraverso generazioni. Eppure, negli anni recenti, un nuovo osservatore occupa la prima fila: il turista.
Le strade si affollano di dispositivi di ripresa, le processioni si trasformano in scenari ideali per contenuti digitali e reportage.
L'interrogativo diventa inevitabile.
- La sacralità del rito si depaupera quando si converte in spettacolo?
- O forse il rito stesso si evolve, assumendo una forma differente ma non necessariamente meno autentica?
Noi di Studia.dk - mediatori del paradosso
Siamo consapevoli di far parte di questa contraddizione. Da anni organizziamo soggiorni studio per studenti danesi che giungono qui per apprendere l'italiano proprio durante la Settimana Santa. Non lo facciamo con l'intento di creare un'esperienza turistica preconfezionata, ma per immergerli nel cuore pulsante della città e della sua comunità, per rivelare loro un aspetto inedito e singolare dei loro docenti, per consentire loro di percepire la lingua viva, calata in un contesto che assume una valenza incomparabilmente più ricca di qualsiasi lezione frontale.
Eppure, anche in questo caso, l'interrogativo persiste:
- stiamo realmente integrandoli in un'esperienza autentica o stiamo plasmando un'autenticità su misura per loro?
Mi appare sempre più evidente come il nostro approccio all'organizzazione e gestione del turismo linguistico-culturale possa rappresentare una via per superare l'estraneità e avvicinare universi culturali distanti, ma il confine tra genuina condivisione e spettacolarizzazione resta estremamente labile, e talvolta rischia di sfuggire persino a noi, pur essendo particolarmente sensibili a questa tematica.
Un confine che ci sforziamo di rispettare anno dopo anno, ma del quale non abbiamo pieno controllo e di cui occasionalmente diventiamo vittime noi stessi.
L'autenticità è un'illusione?
Nel libro "Il Ricatto del Turismo Autentico", ho esplorato approfonditamente questo concetto: l'autenticità non costituisce un valore oggettivo, ma una costruzione culturale, un'illusione necessaria per attribuire significato alle esperienze.
Molti partecipanti alla Settimana Santa desiderano credere di assistere a un rito immutato, cristallizzato nel tempo, ma la realtà è che ogni tradizione si trasforma nel momento stesso in cui viene osservata da uno sguardo esterno. L'identità si forgia nel confronto e, in questo processo, inevitabilmente si contamina e si modifica.
La Settimana Santa di Iglesias conserva la sua autenticità perché continuiamo a viverla intensamente,
non perché sia rimasta immutabile.
Il turismo, dunque, non andrebbe considerato una minaccia, ma piuttosto una lente che ci costringe a osservare noi stessi attraverso occhi diversi.
Forse la questione non è se sia giusto proteggere la tradizione dagli esterni, ma come evitare di ridurla noi stessi a un prodotto confezionato per il consumo.
Eppure, anche qui emergono interrogativi
- Come possiamo far sì che chi ci osserva lo faccia con uno spirito diverso da quello del consumatore-produttore di contenuti, e quale diritto abbiamo di decidere come essere osservati?
- Non costituirebbe, questo stesso atteggiamento, una mancanza verso la sostenibilità culturale?
E quindi?
La Settimana Santa continuerà a esistere perché profondamente radicata nell'anima della città.
Noi proseguiremo nell'invitare gli studenti danesi poiché crediamo che la cultura, pretendendo sempre maggiore responsabilità da sé stessa, non rappresenti un muro divisorio, ma un ponte di connessione.
E i turisti continueranno ad affluire, alla ricerca di emozioni autentiche in un mondo sempre più mediato dagli schermi, spesso con l'intento di mercificare l'esperienza per alimentare il proprio ego sui social.
A questo punto, forse la questione non è respingere il turismo, ma interrogarsi
Possiamo accoglierlo senza tradire la nostra essenza?
La risposta non risiede nelle processioni, né nei turisti.
La risposta è in noi, come comunità ospitante.
@Articolo di Valentino Cocco
Approfondimento:
Se il rapporto tra tradizione, turismo e percezione dell'autenticità ti ha fatto riflettere, ne parlo in profondità nel mio libro Il Ricatto del Turismo Autentico.
Nel volume analizzo come l'incontro tra comunità locali e visitatori trasformi inevitabilmente il senso di un rito, modificandone la narrazione e l'esperienza vissuta. Esploro il confine sottile tra condivisione e spettacolarizzazione, e come il turismo, più che minacciare la tradizione, possa diventare una lente attraverso cui essa si ridefinisce.
Attraverso un'analisi critica del concetto di autenticità, metto in discussione l'idea di un patrimonio immutabile e propongo strumenti per gestire in modo consapevole il dialogo tra chi custodisce una tradizione e chi vi si avvicina da osservatore.

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